La missione parrocchiale dei frati cappuccini che è avvenuta lo scorso marzo, echeggia ormai da vari mesi nel paese. I frati ci hanno lasciato un compito: rendere ogni giorno la nostra vita una missione, sfruttando quello che ci hanno trasmesso in quei giorni. Varie iniziative sono già state proposte e stanno proseguendo, ma per i giovani dalla seconda superiore fino ai 30 anni, è stata riservata un'iniziativa particolare: quattro giorni ad Assisi.
L'organizzazione è durata parecchi mesi, non senza difficoltà. A tavolino sono stati combinati gli alimenti per i pasti, i luoghi da visitare, i temi da affrontare durante i momenti formativi, le stanze e altre cose ancora. Un plauso speciale a Valentina Bolla e Andrea Castagno che hanno mantenuto i contatti con le figure religiose e hanno buttato le basi per rendere fattibile l’iniziativa.
Finalmente la partenza è avvenuta giovedì 7 dicembre alle ore e 14.00. Il pullman, condotto dal mitico Mimmo, ha caricato una trentina di ragazzi di Moretta (alcuni da Villafranca e Faule), le loro valigie e gli alimenti per i quattro giorni. La prima tappa è stata Torino, dove sono stati caricati una decina di ragazzi provenienti da Torino e cintura e il piatto forte: una suora (Milena) e tre frati (Franco, Marco e Valentino). Il viaggio è durato più del previsto per la presenza di una coda tra Genova e La Spezia; ma non ci si è annoiati, giocando, intessendo amicizie e conoscenze nuove, ascoltando e scherzando con i frati/suora. Verso sera, inoltre, è stato trasmesso sul pullman un film che introduceva alla scoperta della figura centrale del viaggio: San Francesco d'Assisi. A notte fonda è stata raggiunta Villa Eteria, struttura che ha accolto i ragazzi, a qualche kilometro dal centro di Assisi, e il tempo a disposizione ha permesso giusto di sistemarsi nelle stanze e di andare a letto.
La sveglia è stata impostata alle 7.30 e alle 8.00 ci si è trovati per la colazione. Dopo le lodi mattutine è stato illustrato il programma della giornata. Per la mattinata è stato previsto un “risveglio muscolare" (sotto forma di camminata spedita) fino alla chiesa di San Damiano. Qui Fra Valentino ha introdotto la tematica formativa: chi siamo? Cosa vogliamo? Dove stiamo andando? E per rispondere a queste domande ci si rifà al mito di Narciso e alla vita di San Francesco. Il momento formativo è stata impostata come una chiacchierata interattiva in modo da non pesare troppo; la risposta dei ragazzi a questo tipo di formazione è stata frizzante, condita da interventi, esempi, risposte e punti di vista. Il filo conduttore che lega il mito al Santo è l'iniziale vita basata sulla bellezza esteriore, sull'apparire, sul piacersi in modo eccessivo. La conclusione è diversa ma metaforicamente simile: Narciso muore affogato mentre vede la sua immagine riflessa nello specchio d'acqua; Francesco “muore" nella vita condotta fino a quel momento, ma inizia a vivere da Santo. E proprio la chiesa di San Damiano funge da spartiacque in questo frangente della vita di Francesco. Finito il momento formativo i ragazzi hanno avuto la possibilità di visitare la chiesa. Per la visita sono stati aiutati da un percorso guidato che mostrava e descriveva tramite targhette sia l’interno sia l’esterno della struttura. Alla fine del percorso era presente una sezione largamente incentrata sul famoso Cantico delle creature, che S. Francesco ha composto in un momento difficile della sua esistenza, affetto da diverse malattie. Anche in questo si denota la grandezza del Signore: far comporre uno dei cantici più belli, il testo poetico più antico della letteratura italiana di cui si conosca l'autore, sulla bellezza e sui doni presenti su questa terra, proprio nel momento della vita in cui il Santo ha difficoltà visive dovute ad un’infezione. Si può tradurre: quando si è nelle difficoltà più grandi, il Signore dona lo stesso la capacità di fare cose meravigliose. Per pranzo si è tornati a Villa Eteria dove le mamme dei frati fanno trovare sulle tavole deliziose ed invitanti prelibatezze preparate con le loro sapienti mani.
Il pomeriggio è stato dedicato alla visita della Basilica di Santa Maria degli Angeli, luogo centrale della vita del Santo. All’interno la parte più affascinante è la Porziuncola, una delle chiese restaurate da San Francesco e dove poi morì. Questa volta il momento formativo è stato condotto da Fra Marco che ha affrontato l'argomento delle maschere che ognuno di noi ha durante le varie situazioni della vita quotidiana. I ragazzi sono stati continuamente punzecchiati e loro si sono messi volentieri in gioco. Il Signore ci riconosce per quelli che siamo, anche se imperfetti sia dal punto di vista del carattere, sia nell’aspetto fisico. Tutte le maschere che si indossano per apparire più belli, più alla moda poi alla lunga tradiscono gli altri e per primi noi stessi. Quello che Fra Marco ha tentato di trasmettere è l’importanza dell’essenzialismo della persona, accettando come siamo perché il Signore ci ama e ci accetta per chi siamo realmente; il resto è imposto dall’odierna società basata sull’esteriorità. Al culmine i frati si sono resi disponibili per le confessioni e poi è stato possibile visitare il museo della Basilica. Qui i ragazzi sono stati meravigliati dalla quantità smisurata di presepi provenienti da tutti i Paesi del mondo; da Haiti (ricordando il nostro amico Philomè), a quelli africani in legno, arrivando fino a quelli più classici delle regioni italiane. Si perché a S. Francesco viene attribuita la creazione del primo presepe vivente nella città di Greccio (in provincia di Rieti, città incontrata durante il suo viaggio di ritorno dalla Terra Santa per cercare di mettere fine alle crociate medievali), che poi ha dato il là alla tradizione che abbellisce le nostre case nel periodo natalizio. Ma la giornata è stata ancora ricca di eventi: la Santa Messa per la ricorrenza dell'Immacolata concezione (celebrata nell’accogliente, seppur piccola, cappella di Villa Eteria), la cena e l'uscita serale.
Serata ad Assisi. Questo è quello che i ragazzi hanno vissuto la sera del giovedì. Rigorosamente a piedi (da Villa Eteria alle varie mete lo spostamento è sempre avvenuto in pullman!) Assisi è stata percorsa tutta visitando piazza San Francesco d'Assisi, dove si poteva ammirare la proiezione di immagini sulle pareti degli edifici accompagnata da musica che contestualizzava il tutto; la piazza della Basilica di Santa Chiara e la piazza della Basilica di San Francesco, in cui era presente un presepe a grandezza di uomo. La cittadina era illuminata dalle luci natalizie e le case, costruite tutte con pietra di Subasio (omonimo monte dalla cui cava si estrae la pietra), hanno trasmesso un'accoglienza fuori dall'ordinario, facendo fare un salto nel passato di circa ottocento anni, vivendo al tempo del Santo. Dopo la scarpinata il sonno ha intorpidito i giovani e si è impossessato velocemente delle loro membra.
Il mattino seguente è stato incentrato sulla fiducia e l'incontro è stato guidato da Suor Milena. Il punto centrale è la formula matematica: “paura + fiducia = coraggio". Coraggio che può essere di tre tipi: cattivo, stupido e buono. Quello buono è quello che permette di affrontare le nostre paure, avendo fiducia in un qualcosa; quel qualcosa per il cristiano si chiama Gesù che dà sempre un’altra possibilità dopo un fallimento. A tale scopo, e per esemplificare al meglio cosa significhi fiducia per il cristiano, è stata letto il brano del Vangelo che riguardava una figura tanto umana quanto fragile della storia: Pietro. Il brano è quello sentito tante volte, ma magari mai realmente contestualizzato nella vita di tutti i giorni: dal Vangelo di Luca 5,11-11. Qui Pietro è svilito, senza speranze, perché per tutta la notte si è impegnato, ha faticato, ma non è riuscito a pescare nemmeno un pesce; Gesù dice di prendere il largo e gettare le reti. Pietro sulla fiducia fa come gli viene detto e le reti si riempiono di una quantità di pesci indescrivibile. Nella vita quotidiana può capitare che uno si impegni al massimo senza però raggiungere l’obiettivo sperato; ebbene bisogna avere fiducia come ce l’ha avuta Pietro. Il Signore è sempre pronto a dare un’altra possibilità, fa ripartire la vita, dà la possibilità di un “d’ora in poi”; la vita di Francesco anche ha avuto un “d’ora in poi”, che ha sancito il passaggio da una vita alla ricerca del titolo nobiliare di Cavaliere, ad una vita alla ricerca del vero senso dell’uomo nella povertà e nell’amare l’unico vero Padre.
L'appuntamento culturale della mattinata si è svolto nella Basilica San Francesco dove, grazie ad una guida molto preparata, si è visitato sia il corpo inferiore, sia quello superiore per chiudere con la cripta in cui c'è la tomba del Santo. Grazie alla guida è stato possibile capire la chiave di lettura per interpretare gli affreschi (Guinnes world record: 10 kilometri in totale di affreschi in tutta la Basilica!), l'architettura e le opere d'arte presenti. Nella Basilica sono presenti affreschi di Giotto, dei fratelli Lorenzetti, del Cimabue. Molti mettono in correlazione la vita di Cristo con la vita di San Francesco, trovandone le similitudini. Terminata la visita guidata, durata un’ora, c’è stata la possibilità per tutti di scendere e visitare la cripta di San Francesco. Il luogo è suggestivo, si respira un’aria di santità; la fiumana di gente che passa dinanzi alla tomba è dimostrazione concreta di come il Signore, entrando nella vita di un uomo normale, abbia fatto cose grandi. L’uomo però deve essere sempre alla ricerca del Signore, in modo da permettergli di fare cose meravigliose. Ognuno di noi è una meraviglia del Signore e quindi ognuno di noi ha la potenzialità di fare cose grandi, bisogna solo avere il coraggio di mettersi in comunione con Lui. Questa chiave di lettura è quella che ha fatto più breccia nel cuore dei ragazzi, la normalità e l’umanità del pensiero del Signore. Uno degli affreschi che più ha riscosso pareri positivi è quello che raffigura il Santo che sostiene la volta della chiesa (San Giovanni in Laterano, Cattedrale della diocesi di Roma) all’interno della struttura, andando contro il principio di Archimede. Ciò sta a significare il semplice messaggio che vuole trasmettere il Santo: se le cose si vogliono cambiare, bisogna cambiarle dall’interno, mettendosi in gioco e cercando di dare un contributo concreto. Lui è riuscito a creare quello che noi tutti oggi possiamo ammirare perché ha cambiato la chiesa del tempo riconoscendo essa stessa come Madre, ma cercando di darLe una veste più spoglia, povera, basata veramente sulla Parola del Signore. Ecco anche noi siamo chiamati a fare così, in un periodo dove le vocazioni italiane sono ai minimi storici e dove sovente la figura del Parroco segue ormai una pluralità di chiese sparse per diversi comuni. Il cristiano deve far fruttare i propri talenti per metterli a disposizione della comunità per portare avanti il messaggio della Parola, coadiuvando costruttivamente e in prima linea l’azione della Chiesa. È troppo facile giudicare e dire che le cose non vanno da fuori. Questo messaggio è entrato nelle teste dei ragazzi come un tarlo, sperando che porti risultati concreti; la necessità è presente.
Dopo il consueto pranzo in Villa Eteria e la susseguente pausa passata tra dialoghi e giochi insieme, ci si è spostati a piedi di nuovo in Assisi in direzione della Basilica di Santa Chiara. Qui il programma riguardava l’ascolto della testimonianza di vita di Suor Agnese (Abbadessa della Basilica), una suora di clausura appartenente all'ordine delle suore francescane delle Clarisse, devote a Santa Chiara. Alla base sta la vocazione, non esente da difficoltà e tentazioni, nel dedicare totalmente la propria vita nell’amare il Signore seguendo la Regola di Santa Chiara, scandendo la giornata con la liturgia delle ore, la lettura della Parola, la vita comunitaria e il lavoro (portineria, orto, infermeria, cucina, ricamo ecc.). Queste suore non effettuano apostolato e non hanno contatti con l'esterno (se non per situazioni particolari). Malgrado questo la stessa suora ha spiegato come razionalmente questo tipo di vita non è condivisibile, ma appunto perché il rapporto riguarda Dio, questo supera il razionale proprio come un innamoramento improvviso tra fidanzati. In questa occasione è stato possibile percepire concretamente l’azione del Signore che essendosi fatto uomo ha necessità di figure religiose che si occupino completamente di lui, alla sua preghiera, alla sua adorazione e alla lettura della sua Parola. Molti ragazzi, prima dell’incontro, avevano come idea di clausura una vita impossibile da affrontare, quasi da pazzi. Eppure la testimonianza ha ribaltato questi pensieri, perché la suora ha raccontato con emozione, con veridicità e con talmente tanto trasporto che la convinzione della sua scelta è apparsa salda e ferma. La clausura è anch’essa una vocazione, come quella dei frati che fanno apostolato, come il padre di famiglia ed altre. Successivamente è stato possibile visitare la Basilica in cui è presente il crocifisso che era in San Damiano e con cui San Francesco, nel 1205, ebbe un colloquio; “va e ricostruisci la mia Chiesa che va in rovina" (chiave di lettura sia in termini prettamente concreti di restauro materiale, sia in termini di superare la crisi medievale che la chiesa stava attraversando). Le altre particolarità della Basilica sono la presenza della tomba di Santa Chiara e delle reliquie di entrambe i Santi. I ragazzi hanno potuto osservarle e contemplarle. Prima di chiudere la visita è stato lasciato un po' di tempo per lo shopping.
Alle 19.30 i vespri hanno preceduto l’abbondante cena preparata dalle super mamme e la serata si è conclusa con giochi e canti di gruppo, con un torneo di calcetto molto sentito dai partecipanti. Infine ci si è trovati per chiudere la giornata ringraziando per i bei momenti attraverso la compieta.
Il mattino seguente sono state recitate le lodi e poi la Santa Messa. Qui Fra Valentino, preposto alla celebrazione, ha raccomandato ai giovani di ricordare tre parole presenti nel Vangelo della domenica: Consolare, Gloria e Cavallette. Consolare perché chiunque fallisce ha bisogno di essere consolato; il Signore ci consola nei momenti bui, tristi, ma noi non ce ne accorgiamo. Gloria significa peso, quindi dare peso a quella che è la figura di Gesù e dare peso alle parole che il Vangelo ci dona. Cavallette sono gli insetti che quando attaccano vanno sempre avanti, non indietreggiano mai. I ragazzi sono stati spronati a consolare a glorificare e a pensare ad una vita “in avanti”; il cristiano va sempre avanti e in alto come dice Fra Valentino. Dopo la Messa i ragazzi si sono messi a ripulire le stanze, i bagni e i locali comuni fin lì utilizzati in un bel clima di collaborazione fraterna: tutti hanno fatto qualcosa. Prima del pranzo i ragazzi sono stati divisi in gruppi (superiori e più grandi) per la “verifica”, ossia la condivisione per tirare le somme dei 3 giorni passati insieme. Sono emersi pensieri molto belli e ponderati che hanno dato ai presenti nuovi stimoli e nuovi input per affrontare il rapporto con Dio. La vita adolescenziale non è sempre semplice. Può avere problemi legati alla situazione famigliare, alla difficoltà di scelta universitaria o difficoltà di passare degli esami, alla mancanza di lavoro, alle difficoltà presenti in un rapporto affettivo. E il gruppo che ha affrontato questi esempi non era esente; molti hanno messo a “nudo” la propria vita, spogliandosi di orgoglio (come aveva fatto S. Francesco) e condividendo i propri fardelli, le proprie perplessità legate alla fede. Per questo ci sono stati molti tentativi di darsi delle risposte, di trovare la soluzione, ci si è posti delle sfide personali. E non sono mancati momenti toccanti, commoventi. Questa è la forza del Signore, far emozionare con semplicità, senza chiedere nulla in cambio. Dopo il pranzo sono state ringraziate le mamme per il prezioso aiuto donato in questi giorni e la partenza è stata stabilita alle 13.00. Il pullman è arrivato a Moretta alle 20.30.
Bisogna doverosamente ringraziare Don Paolo che è sempre molto attento alle iniziative che riguardano i giovani, Mimmo l’autista per la sua pazienza e la sua simpatia napoletana, Suor Milena, Frate Franco, Frate Marco e Frate Valentino per la costante passione che ci mettono a trasmettere i messaggi del Signore, per la loro simpatia e per la loro professionalità. E poi un grazie va anche a tutti i giovani delle superiori che hanno accettato, si sono messi in gioco, hanno messo da parte l’orgoglio, hanno saltato impegni più mondani per un qualcosa di più grande. Il tempo di questi giorni è stato sicuramente un buon investimento per il futuro.
L’articolo ha due obiettivi: uno puramente di cronaca, per raccontare cos’è accaduto nei 3 giorni. L’altro, se vogliamo, più profondo: cercare di trasmettere l’emozione, la bellezza, la semplicità che questi 3 giorni hanno racchiuso, perché sono stati un dono enorme che sarebbe egoistico tenere solo per chi l’ha vissuto. E la speranza è quella di incuriosire, attrarre altri giovani che siano disponibili a mettersi in gioco nella comunità e farsi amare dal Signore.
Chi riceve amore impara ad amare e il Signore ama per primo e sempre, in ogni occasione. Allora cosa aspettiamo?!
Pace e Bene
Massimiliano Invernizzi